I report dell’UNHCR per il 2019 rivelano dati estremamente preoccupanti: circa l’1% della popolazione mondiale è sfollato -più o meno la stessa percentuale di persone con i capelli rossi-, ovvero 79,5 Milioni di essere umani sono stati costretti a lasciare le proprie abitazioni. Di queste, 26 milioni sono rifugiati, tra cui 5,6 milioni sono Palestinesi, questa cifra è destinata ad aumentare alla luce dell’annunciata annessione criminale di ulteriori terre da parte di Israele. Le nuove richieste di asilo sono state 2 milioni lo scorso anno. 4.2 milioni sono gli apolidi, ovvero privi di qualsiasi cittadinanza. Gli Stati che ospitano più rifugiati sono la Turchia (3.6 M), la Colombia (1.8 M), il Pakistan (1.4 M), l’Uganda (1.4 M) e la Germania (1.1 M). Quelli i cui cittadini, invece, cercano più rifugio all’estero sono: la Siria (6.6 M), il Venezuela (3.7), l’Afghanistan (2.7 M), Sud Sudan (2.2 M) e Myanmar (1.1), numeri che, sommati, corrispondono al 68% di tutti i rifugiati al mondo. Confrontando i Paesi ospitanti con quelli da cui si scappa, la relazione è ovvia, anche e soprattutto a livello geografico, infatti circa il 78% degli sfollati cercano rifugio in Paesi limitrofi e l’80% risiedono in territori ad alto rischio di insicurezza alimentare e malnutrizione, l’85% trova ospitalità nei cosiddetti “Paesi in via di sviluppo”, ma l’espressione “Paesi non occidentali” appare decisamente più imparziale e corretta, partendo da una prospettiva di rifiuto di un concetto univoco ed egemonico di “sviluppo”.
La distribuzione dei rifugiati è, evidentemente, impari e non uniforme, ma nella forma contraria rispetto a quella di chi grida all’”invasione” e per questo dispone leggi che, oltre ad essere inosservanti dei Trattati Internazionali sui Diritti Umani e le Migrazioni, sono contrarie allo spirito di umanità stesso; come i Decreti Sicurezzi o il famigerato “Muslim Ban” con cui Trump ha vietato l’emanazione di visti per qualsivoglia motivo per cittadini di Paesi prevalentemente musulmani, tra cui la Siria, che dal 2011 sta notoriamente vivendo un’infernale proxy war civile nei confronti della quale gli Stati Uniti hanno più che qualche responsabilità isolata. Responsabilità ancora più impossibili da ignorare sono quelle degli USA nei confronti degli sfollati dell’America Centrale e Latina, creati da anni di eliminazione violenta di governi eletti democraticamente attraverso colpi di Stato, ideazione ad hoc di regimi di destra dittatoriali burattini per gli interessi economici statunitensi e cosidette “Repubbliche delle Banane”, per non parlare del traffico di droga che dilania Paesi interi che servono, prevalentemente, la domanda US. Questi fatti storici sono ignorati, o peggio, interpretati nel quadro di naturale supremazia Occidentale in quanto forza democratizzatrice e civilizzatrice, per cui l’imperialismo non è altro che il compimento di una missione divina quanto terrena e ciò ha permesso il respingimento di milioni di rifugiati, richiedenti asilo e migranti che, dopo aver camminato, spesso da minorenni o donne sole con figli, attraversando interi Paesi, si sono visti separati dalle loro famiglie, rinchiusi in gabbie o morti.
Anche nella civilissima Europa abbiamo lampanti casi di orrore legalizzato che attualizza le nostre responsabilità storiche, un esempio su tutti, il campo di Moria, sull’isola di Lesbos, in Grecia, costruito per 3100 persone e che ora ne ospita più di 20000. I frequenti eventi di violenza, le pessime condizioni igieniche, la mancanza d’acqua, il freddo, la meningite, il 40% di bambini, la cosiddetta “Febbre di Moria” e i parti sono ancora più difficili da gestire su un’isola che ha due sole ambulanze e un campo che per metà giornata ha solo una tenda di Boat Refugee Foundation per due decine di migliaia di persone, che vi possono accedere solo con l’Ausweis, ovvero i documenti rilasciati dalla polizia.
Nessun supporto c’è, invece, per la salute mentale, riconosciuta come un diritto inviolabile dalla stessa ONU e che, ovviamente, è estremamente precaria per persone che sono sopravvissute a guerre, fame, torture, viaggi in condizioni disumane e ogni tipo di violenza fisica quanto psicologica, con attanagliante ansia, purtroppo giustificata, circa il proprio futuro, oltre al ricordo indelebile di tutti coloro che non sono sopravvissuti.
Oggi, dinanzi ad una pandemia che rivela ed esacerba le ineguaglianze cancro della società, la situazione è particolarmente disperata nei già precari e pericolosi campi profughi del mondo, ma ciò non è servito ad umanizzare i governi come quello Greco che continuano, anzi, aumentano, le pratiche illegali di respingimento dei migranti, adottando metodi violenti, o quello Turco, che utilizza i migranti come pedine per estorcere l’appoggio europeo per la sua guerra o quello Europeo, che continua nelle sue pratiche vergognose che concepiscono esseri umani come personificazioni di problemi e disagio, ignorando le indicazioni anche istituzionali come quelle del Commissario dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, l’italiano Filippo Grandi che ha ribadito che l’unica modalità di azione nel rispetto dei trattati e dei diritti umani è quella della ripartizione egualitaria ma proporzionale dei rifugiati nei territori europei.
Oggi più che mai ricordiamo che NESSUNO E’ ILLEGALE.
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