FIGURE NASCOSTE:
CHEIKH ANTA DIOP
Cheikh Anta Diop, panafricanista, chimico, filosofo, antropologo, fisico ed egittologo, nacque a Tiahitou, Sénégal, il 29 Dicembre 1923 in una famiglia di etnia Wolof musulmana mouride, ovvero facente parte dell’unica confraternita islamica indipendente in Africa.
Il suo genio accademico ed il suo spirito fieramente africano erano evidenti sin dalla sua gioventù, quando tradusse opere di Einstein nella lingua indigena senegalese, il Wolof, nella prospettiva in cui le grandi scoperte dell’umanità appartengono a tutte e tutti e possono essere intese e migliorate anche da coloro che vivono nelle periferie del sistema di produzione economica ed intellettuale standard, ovvero fuori dall’Occidente.
Arrivato a Parigi a 23 anni per studiare alla Sorbona, intraprese una doppia laurea in filosofia ed in chimica, proseguì, poi, i suoi studi specializzandosi nell’Antico Egitto e presentò una tesi di dottorato che dimostrava che gli antichi egizi, sbiancati per generazioni così come altre grandi civiltà e personaggi, erano, in realtà, neri subsahariani di etnia Bantu, ovvero appartenenti al principale macro-gruppo etnico dell’Africa Nera.
La sua tesi venne rigettata e non è sorprendente, infatti all’epoca il Senegal, così come tutta l’Africa, era ancora sotto il giogo coloniale, tra l’altro, proprio francese.
Il pensiero coloniale francese era stato riassunto da Arthur Joseph de Gobineau, filosofo che contribuì, tra l’altro, alla formazione della concezione nazista.
Questa concezione estremamente razzializzante, che vuole categorizzare qualsiasi cosa che la civiltà nera abbia inconfutabilmente prodotto come “inferiore”, forzando grandi opere e magnifici istinti in questa categoria, è stata ripresa da eccelsi intellettuali africani, uno su tutti, Léopold Sédar Senghor, primo Presidente della Repubblica del Senegal, intellettuale di formazione parigina che formulò la teoria della “Négritude” ovvero “Neritudine”, in cui ricollega il ritmo, la passione e lo spirito vitale all’uomo nero e il raziocinio a quello bianco, sintetizzando ciò in un passo di poesia “L’emozione è nera come la ragione è ellenica”.
Tra Diop e Senghor c’erano differenze di vedute non indifferenti, che sfociarono in scontri aperti a causa delle conclusioni e della Weltanshaung (la visione del mondo) che derivavano dalle distinte concezioni teoretiche a cui si rifacevano. Senghor vide sempre come fondamentale il legame con la Francia anche e soprattutto in epoca post coloniale e di transizione all’Indipendenza, mentre Diop sognava un’unione Africana e denunciava lo stato di autoghetizzazione che derivava dall’alienazione dell’uomo nero dalla sua stessa storia e, quindi, dal suo stesso potenziale e identità, causando gravissimi problemi di autostima e bloccando, di fatto, lo sviluppo, “soprattutto per il nero che abbia avuto l’opportunità di formarsi all’estero e vedere cosa il mondo pensa di lui e del suo popolo”.
Lo scontro con il Presidente lo portò all’arresto e alla formazione, da parte sua, di tre partiti politici distinti.
Nonostante ciò, la tesi finalmente pubblicata nel 1955, il dottorato finalmente ottenuto nel 1960, i libri e gli studi effettuati in carriera, lo identificarono come uno dei più grandi intellettuali del suo tempo, riconosciuto anche a livello accademico internazionale nonostante le conseguenze politiche della sua opera; in particolare di quella al carbonio 14, con cui analizzò resti umani risalenti all’Antico Egitto, dimostrando la nerezza di questi, provata anche da un approfondito studio della lingua e dell’arte egizia, in particolare della statuaria e dell’architettura; esemplificativa è la Sfinge, a cui, così come agli altri grandi monumenti egizi, manca, guarda caso, solo il naso, che permetterebbe di identificare i soggetti raffigurati come neri africani.
Francesca Sanneh.
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